3831 recensioni a vostra disposizione!
   

UNA GITA DI PIACERE
(UNE PARTIE DE PLAISIR)
Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 6 novembre 1975
 
di Claude Chabrol, con Paul Gégauff, Danièle Gégauff, Clémence Gégauff, Paula Moore (Francia, 1974)
L'ultimo film di Chabrol, nella sua ora e mezza è semplicemente nullo. E conferma l'impoverimento progressivo di un regista che pur sapeva, anni fa, utilizzare una macchina da presa ed i suoi movimenti, un paesaggio ed il suo significato psicologico, un colore, un suono, per significare qualcosa. UNA GITA DI PIACERE, se ci entrate per caso, arrischiate di uscirne al più presto: le situazioni sono risapute, i dialoghi schematici, gli attori recitano nel modo più indegno. Tutto è falso: a cominciare dal modo di vestire del protagonista che pare uscito da una fabbrica di saponette.

C'è solo un risvolto curioso in questa faccenda, qualcosa che può conferire al film non un interesse cinematografico, ma perlomeno umano. O disumano, se preferite. Paul Gegauff è da anni lo sceneggiatore di Chabrol. Anni fa, ai tempi di LES BONNES FEMMES, conobbe sul set la futura moglie. Matrimonio, due figli, crisi e separazione. Nel 1974 Gegauff propone a Chabrol di fare un film sulla propria esperienza: scrive la propria storia, e la passa al regista. Trintignant e Michel Piccoli (mi pare) rifiutano la parte. Gegauff decide allora di farsi attore, ed interpretare se stesso. Non solo, ma alla ex moglie ed alla figlioletta fa recitare i due ruoli rispettivi. Nasce così una specie di psicodramma, nel quale la famiglia Gegauff rivive la propria esperienza.

Il tutto è piuttosto allucinante: perché allucinante è, non tanto la storia narrata nel film ma i risvolti psicologici e sociali del protagonista. Questi, e la cosa è sottolineata dal modo incredibilmente falso con il quale il neo-attore recita la propria parte, è la quintessenza della supponenza maschile, della presunzione borghese, dello pseudointellettualismo.

Gegauff si è dipinto in modo cosi atroce, ambiguo ma al tempo stesso compiaciuto che non si può non chiedersi a che gioco giocasse. Se il ritratto fosse onesto, allora Gegauff è un mostro dell'autocritica. Ma il risultato è falso: e quindi temo proprio che il tutto sia la testimonianza di una supponenza, di un compiacimento, di un doppiogiochismo tipici di un cinema borghesemente decaduto. Chabrol, prestandosi a questa operazione, dimostra di essere progressivamente inghiottito da quel sistema, da quella mentalità che un tempo aveva la pretesa di voler denunciare.


   Il film in Internet (Google)

Per informazioni o commenti: info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch

Elenco in ordine


Ricerca






capolavoro


da vedere assolutamente


da vedere


da vedere eventualmente


da evitare

© Copyright Fabio Fumagalli 2024 
P NON DEFINITO  Modifica la scheda